Lettera aperta – I Murazzi del Po e il nuovo Piano Integrato d’Area

agli Assessori Ilda Curti, Enzo Lavolta, Giuliana Tedesco

ai Consiglieri comunali di Torino

e richiesta di audizione alle Commissioni Consiliari 2°, 3° e 6°

 

I Murazzi del Po e il nuovo Piano Integrato d’Area

Pro Natura Torino, unitamente ad altre Associazioni Ambientaliste, ha sottoscritto un Esposto per violazione Area Monumentale e Paesaggistica Murazzi del Po nell’agosto del 2012, a sostegno delle ragioni delle Associazioni dei Cittadini residenti, inoltrato a tutte le competenti Autorità. A seguito di esso sono state accertate molte irregolarità, con indagini ancora in corso.

Sta ora per essere discusso dal Consiglio Comunale, col preventivo passaggio nelle competenti Commissioni, il nuovo Piano Integrato d’Ambito per i Murazzi del Po, approvato dalla Giunta Comunale lo scorso dicembre, che dovrà integrare e correggere quello approvato nel 2006, che non ha avuto finora pratica attuazione, con la non ottemperanza ai suoi requisiti da parte dei gestori ed il mancato raggiungimento degli obiettivi che il Comune si era proposto. Le indagini avviate dalla Procura in merito al sostanziale abusivismo delle strutture realizzate a ridosso delle arcate e sulle banchine lungo il fiume e i disturbi arrecati alla quiete pubblica, la non avvenuta costituzione di un Consorzio pubblico-privato che avrebbe dovuto dare attuazione al Piano, sequestri giudiziari di strutture abusive, hanno fatto riemergere ancora una volta le criticità di quest’area, di cui paradossalmente tutti poi esaltano le valenze storiche, architettoniche, ambientali e turistiche.

Tutti abbiamo potuto vedere dal vivo come progressivamente l’area dei Murazzi si fosse trasformata negli ultimi tempi in una indecorosa baraccopoli, dove ogni gestore aveva agito in totale improvvisazione e in totale dissonanza rispetto al decoro urbano, alle regole per l’occupazione degli spazi pubblici, e senza le necessarie autorizzazioni. Le indagini del Pubblico Ministero dott. Padalino sono in corso ed è intervenuta opportunamente anche la Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio, facendo rilevare di non aver mai concesso il suo benestare. Ora, salvo alcune strutture ancora sotto sequestro giudiziario, il fiume e i Murazzi sono liberi e nuovamente “visibili” nelle loro caratteristiche strutturali e nei loro ampi spazi. Certo non ne auspichiamo l’abbandono, un “vuoto” che verrebbe poi riempito nelle ore notturne da attività abusive, ma quanto meno ora è forse possibile ripartire ex-novo.

Restano le preoccupazioni per il futuro: la vicenda Murazzi si trascina da circa 20 anni, con accentuato degrado, a partire dalla fine degli anni ’80, continue speranze rapidamente frustrate, annunzi di vasti progetti di recupero, e poi ritorno inerziale alla “ordinaria illegalità”. Ne facciamo qui un succinto racconto, a costo di ricordare eventi che dovrebbero essere già ampiamente noti a tutti i cittadini e agli Amministratori, mentre diamo per acquisiti tutti quegli elementi storici oggetto dello studio contenuto nel Piano Integrato d’Ambito 2006, che hanno connotato i Murazzi nelle loro stesse origini nella seconda metà del secolo XIX, tra cui l’esigenza di “mettere in sicurezza” quel tratto di fiume prospiciente il Borgo Nuovo e dargli un affaccio atto ad ospitarvi attività ad esso legate, insieme con la scelta di realizzare una “passeggiata” pubblica sul fiume per il “comodo dei cittadini” tra il ponte napoleonico ed il parco del Valentino.

 

Dopo un progressivo abbandono dei Murazzi a partire dagli anni ’80, già durante la prima Giunta Castellani erano emersi gravi problemi di piccola e grande criminalità e di ordine pubblico, anche se l’attenzione sembrava all’epoca concentrarsi soprattutto su borgo San Salvario e Porta Palazzo, mentre l’alluvione del novembre 1994 riportava in evidenza la criticità dei Murazzi per quanto riguardava l’esondabilità delle banchine e dei locali situati sotto le arcate, che era ben nota a chi le occupava nei decenni precedenti con attività legate al fiume. Si susseguono poi nelle cronache dell’epoca gli episodi di spaccio di droga che coinvolgono soprattutto i piccoli spacciatori marocchini, che nei locali trovano la loro clientela assidua. Nel 1998 viene indetto il primo bando della Città per l’assegnazione delle arcate di proprietà comunale, che dovrebbe regolarizzarne l’occupazione. Nasce l’Associazione Sviluppo Murazzi, che si propone come interlocutore privilegiato nei confronti dell’Amministrazione Comunale. Tuttavia le attività insediate in alcune arcate creano non pochi disturbi ai residenti, anche se vantano di “essere un presidio” contro la microcriminalità. La piena del Po del maggio 1999 provoca il distacco della chiatta “Atalante” che va ad ostruire un’arcata del ponte Vittorio Emanuele, ed evidenzia la leggerezza con cui sono state date nel 1998 autorizzazioni improvvide per strutture galleggianti senza i requisiti di sicurezza, giocando tra i vari Enti titolati a concederle. Nel gennaio del 2000, ormai 12 anni or sono, a seguito anche di ripetuti episodi criminosi, tra i quali uno dei più drammatici era stata la morte in Po del giovane marocchino Abdellah Doumi (estate del ’97), affogato anche per il lancio di oggetti contundenti dal pubblico notturno, e delle ripetute proteste dei residenti, le indagini di Raffaele Guariniello evidenziano “autorizzazioni fasulle, dichiarazioni infedeli, una marea di irregolarità amministrative”. Innumerevoli all’epoca le proteste dei cittadini, allora come oggi, per l’inquinamento acustico con esposti al Sindaco. Dopo le indagini di Guariniello partono fitti controlli della Polizia Municipale, sanzioni amministrative, ingiunzioni di rispetto degli orari. A rileggere le cronache di allora sembra di rivivere quelle della fine del 2012: “Il PM spegne le notti dei Murazzi”, e sembra che la Magistratura ne sancisca la morte. Eppure, a rileggere oggi quelle cronache, sembra che nulla sia cambiato, malgrado il lungo tempo intercorso. Le indagini di allora, dopo non poco clamore, finiscono in un nulla di fatto.

La disastrosa piena dell’ottobre 2000 mette nuovamente in risalto la criticità di tutta la zona dei Murazzi, e sembra spegnere per fortuna anche le continue velleità di colonizzare l’alveo del fiume con chiatte e barconi; l’Autorità di Bacino del fiume Po e AIPO cominciano ad elaborare il Piano d’Assetto Idrogeologico, a definire meglio le fasce fluviali e le aree a rischio, e i limiti all’insediamento di attività incompatibili in fascia fluviale (che nel caso dei Murazzi vede coincidere fascia A e fascia B, e individua la banchina come “alveo” del fiume). Inoltre ci si comincia a render conto che qualcosa non funziona: si scopre che le arcate dei Murazzi, esaltate come luogo simbolo di aggregazione e creatività giovanile, in base alle norme del Piano Regolatore Generale non potrebbero neppure ospitare attività commerciali e di servizio, e si inizia prospettare un necessario adeguamento delle Norme di Piano per renderle atte ad ospitarle. Parte così la costruzione di una specifica variante urbanistica che ne consenta l’insediamento, e nel frattempo si avviano diversi vari lotti di costosi interventi per il risanamento dei Murazzi ai fini di limitare le infiltrazioni delle acque meteoriche da corso Cairoli, da Lungo Po Cadorna e da Lungo Po Diaz, che proseguono da oltre un decennio.

Nel dicembre 2004 il Consiglio Comunale approva la Variante Urbanistica n. 82, relativa al complesso dei Murazzi. La Città ha fatto non pochi investimenti su quest’area (manutenzione e restauro, reti fognarie, illuminazione pubblica, impermeabilizzazioni), e con la Variante vuole promuoverne l’utilizzo “come area aggregativa e di crescita culturale, attraverso la destinazione generale del luogo come spazio per attività socio-culturali, ambientali, ricreative e per il tempo libero”, diversificando le utenze “con attività accessorie e pertinenti, funzionanti anche nelle ore diurne”. Si evidenzia nella Variante che il complesso dei Murazzi rientra tra gli immobili sottoposti a vincoli paesaggistici e monumentali; nel frattempo entra pure in vigore il nuovo Codice dei Beni Culturali (DL 42/2004). Costruita con un fitto processo di consultazione dei vari Enti titolati, la Variante mira a consentire nell’area anche l’insediamento di attività di somministrazione e di intrattenimento, e di tutti quei pubblici esercizi che prima erano in contrasto con la stessa destinazione urbanistica. Si chiarisce anche che la Città non può decidere da sola in merito all’occupazione delle banchine dei Murazzi, su cui chiara è la competenza demaniale.

A seguito della Variante si comincia a costruire il Piano Integrato d’Ambito, che dovrebbe regolamentare e coordinare gli utilizzi di tutta quest’area. Nel 2006 si giunge così all’approvazione del Piano, che dovrebbe mettere finalmente ordine all’intricata vicenda, coinvolgendo come soggetti l’Amministrazione Comunale, i privati proprietari di alcune arcate, i gestori dei numerosi locali per stabilire nuove regole. Regole che devono comunque prevedere un percorso autorizzativo in capo a tutti gli Enti titolati. Ma, come si sa, il Piano Integrato d’Ambito rimane del tutto inattuato e nel frattempo cresce le disordinata occupazione di quest’area, ormai inglobata nella più ampia “movida” cittadina che trova il suo epicentro in Piazza Vittorio, crescendo in modo sempre più incontrollato dopo i Giochi Olimpici Invernali del 2006: “Turin on the move”. In effetti, il 28 febbraio del 2007, a seguito dell’approvazione del Piano Integrato d’Ambito, la Giunta approva anche il bando per l’assegnazione delle arcate, suddivise in tre categorie: arcate che svolgono funzioni di interesse pubblico; attività economiche ma non strettamente commerciali, legate alla fruizione dell’ambiente fluviale; attività economiche ed artigianali. Ma da allora si perdono le tracce della vicenda, mentre tutti abbiamo visto sotto i nostri occhi soltanto lo sviluppo di mere attività di “somministrazione”, legate a locali di intrattenimento, col dilagare dei dehors in riva al fiume e dei baraccamenti di ogni tipo. Si tratta di un sostanziale fallimento, di cui andrebbero approfondite le ragioni e le responsabilità, che si trascina fino all’inizio del 2012, allorché la vicenda acquista visibilità pubblica nelle cronache cittadine grazie anche ad un’interrogazione in Consiglio Comunale del Consigliere Musy.

Dopo innumerevoli proteste, ed un esposto alla Procura, arriviamo così all’avvio delle indagini nel 2012, alle ordinanze di sequestro, all’accertamento di tante palesi irregolarità e all’accertamento della mancanza di qualsiasi autorizzazione per buona parte delle strutture, segnalata dal nuovo Soprintendente ai Beni Architettonici e Paesaggistici.

Tuttavia, ricordando le vicende degli anni precedenti, fondata è anche la preoccupazione che, “passata la tempesta”, tutto ritorni come prima. Impegno oggi da parte di tutti dovrebbe essere quello di evitare un’ennesima frustrazione, a seguito di tanti proclami inascoltati e promesse disattese. Ci pare quindi indispensabile esaminare alcuni aspetti del nuovo Piano d’Ambito che viene ora proposto, facendo però precedere il tutto da alcune considerazioni di ordine più generale, e da una domanda prioritaria:

 

Quale può essere la “vocazione” dei Murazzi all’interno della città?

 In questi anni si è di fatto accettato che i Murazzi fossero destinati soprattutto ai “ragazzi dello Zoo di Torino”. Nella parte attorno a piazza Vittorio e al Borgo Nuovo una frequentazione di rango socialmente ”più elevato”, e in basso, lungo il fiume, in una sorta di enclave, il luogo dello sballo notturno e della “trasgressione”, ai cui occupanti più o meno titolati spettava sostanzialmente il compito di autoregolarsi con qualche buttafuori nei diversi locali. Di giorno una baraccopoli spontanea sulla riva del fiume, con dehors improvvisati di ogni tipologia, di notte attività si somministrazione, luoghi di divertimento e di intrattenimento giovanile, spaccio e musica a tutto volume senza orario, fino al cornetto con cappuccino del mattino. Tutto il quartiere sovrastante si è venuto di fatto modellando intorno alla “movida”, con la sparizione progressiva di tutte le attività commerciali e artigianali tradizionali, emarginazione della popolazione residente, e al centro di tutto una grande piazza scelta ormai di preferenza nelle ore diurne e nei festivi per collocarvi ogni iniziativa fieristica, promozionale e commerciale. La Scheda Normativa n. 30 del Piano Regolatore, relativa a Piazza Vittorio e Sponde del Po, che avrebbe dovuto approfondire destinazioni d’uso, vocazioni e scelte architettoniche di tutta questa vasta area storicamente omogenea, è stata progressivamente svuotata di ogni contenuto, con scelte in parte volute e in parte subite, senza alcun tentativo di definire la vocazione della piazza, dei Murazzi, dell’area Gran Madre. A nostro parere quindi, mentre si va a proporre un nuovo Piano Integrato d’Ambito per i Murazzi, occorre ripensare anche il quartiere che lo sovrasta, tra corso Vittorio Emanuele corso San Maurizio, valutandone le trasformazioni avvenute. Un ripensamento della funzione dei Murazzi, e nuove regole, possono contribuire anche ad arrestare il degrado complessivo, con i noti problemi di schiamazzi, sporcizia, mancanza di servizi igienici, sosta selvaggia, spaccio diffuso, inquinamento acustico, mancanza di controlli, etc.

 

Ripensare i Murazzi ed il quartiere

Questo ripensamento deve partire da un elemento di fondo: i Murazzi sono il principale affaccio del centro storico di Torino sul fiume Po, insieme con piazza Vittorio e con l’area della Gran Madre. Mentre altri tratti di sponda hanno una valenza naturalistica, e rientrano in un sistema (incompiuto) di parchi lineari e di aree verdi minori situate tra il fiume e la collina, i Murazzi sono un complesso architettonico con scalinate, banchine lastricate, arcate monumentali, che storicamente si è caratterizzato, almeno fino a tutti gli anni ’70 del Novecento, per la presenza di attività legate al fiume, e per la fruizione pubblica dei cittadini. Ai Murazzi vi erano fino agli anni ’80 tre attività di noleggio barche, un cantiere di riparazione, lavatoi e servizi igienici, un presidio della Polizia Fluviale ed anche un bar-trattoria. Numerose erano le panchine, le fontanelle stavano in corrispondenza di ogni scalinata, parecchi rampicanti contornavano le arcate; poi tutto questo arredo venne “espiantato”. Si tratta ora, prendendo spunto dal “vuoto” che si è creato, non già di fare un’operazione di “nostalgia”, ma di promuovere in ogni modo, attraverso un uso oculato delle concessioni e di possibili incentivi, questo rapporto col fiume, che ne faccia un luogo per tutti i cittadini, nelle ore diurne come in quelle notturne, e valorizzi questo lembo di città storica come il principale momento di approccio al fiume anche dei turisti che visitano Torino, i cui itinerari dalle aree museali scendono via Po verso il Po e la Gran Madre. Le considerazioni che seguono vanno viste in questa chiave, e tendono anche a recuperare alcuni degli “intenti virtuosi” della Variante del 2004, schiacciati e annichiliti dell’evoluzione successiva.

 

Il nuovo Pianto Integrato d’Ambito proposta dalla Giunta Comunale (dicembre 2012):

punti critici.

 

1)      La delibera proposta dalla Giunta, dopo una breve sintesi retrospettiva, e alcuni lodevoli intenti, afferma “un presupposto, che non si intende negare, la vocazione commerciale e di attrazione giovanile nelle ore notturne, che prevede la presenza di strutture esterne continuative per la somministrazione”. Purtroppo da questo assioma che viene dato per indiscutibile, discendono poi anche tutte le indicazioni normative. Si smentiscono così di fatto gli intenti stessi della Variante del 2004 , che indicavano come indispensabile l’inserimento ai Murazzi di attività polifunzionali legate soprattutto al fiume. Si continua così di fatto a ritenere i Murazzi una sorta di “dépendance” della Movida notturna, e si va di fatto verso un nuovo ciclo di difficile governabilità, ignorando il conflitto con la popolazione residente e le criticità ambientali di tutta l’area, proseguendone lo snaturamento che si è consumato in questi ultimi decenni di governo della Città.

2)      Il nuovo Regolamento proposto dalla Giunta ritiene, all’articolo 2 comma 1, che ogni attività abbia “il diritto di occupare superfici di suolo pubblico per l’allestimento di strutture esterne per la somministrazione”… Si noti bene: “un diritto”, non la “possibilità di”; e inoltre si precisa: “per la somministrazione”, come se con questo si escludessero altre attività, come gli sport legati al fiume. Inoltre precisa ancora, al comma 2, che “i progetti relativi alla collocazione di strutture esterne che prevedono ancoraggi al suolo o coperture rigide”, siano sottoposti “al rilascio del permesso di costruire, che costituisce presupposto per l’occupazione di suolo pubblico”. In pratica, con questo comma, si consente di “costruire” strutture che (fatte salve le autorizzazioni relative) saranno di fatto permanenti e inamovibili. Immaginiamo che ciò si riferisca soprattutto alla “costruzione di pedane” lungo le banchine. In una parola: le banchine, bene pubblico destinato soprattutto all’accesso al fiume, vengono di fatto privatizzate ed occluse, anche se sulle pedane si realizzeranno poi “strutture leggere” e “prontamente amovibili”.

3)      All’Art. 4 si riconosce come “soggetto interlocutore l’associazione che rappresenta i gestori delle attività insistenti sull’area”. Giusto, se la rappresentatività è garantita, ma perché al tempo stesso non si riconoscono altri interlocutori? In primis le due Circoscrizioni interessate, ma anche le associazioni remiere, le associazioni di residenti, le organizzazioni di categoria?

4)      All’Art. 6, comma 1, si danno indicazioni che danno il via libera ad interventi di estrema delicatezza: la collocazione di “strutture esterne destinate alla somministrazione” ubicate “verso la facciata dei Murazzi, verso l’argine del fiume, nell’area delle esedre e nelle aree ricavate sulle strutture galleggianti”. Praticamente dappertutto, salvo un percorso pedonale che rischia di essere soltanto un percorso di accesso interno alle strutture di somministrazione. Nessun accenno a strutture destinate alla fruizione sportiva, all’accesso al fiume, al libero utilizzo dei cittadini. Un solo “fronte del porto”, lungo il quale si potrà stazionare solo “accedendo alla somministrazione”… Tutto ciò su area demaniale e pubblica, trattata alla stregua di uno dei tanti arenili dati in concessione sulle nostre coste, con chioschetti, cabine e ombrelloni. Al comma 4, si indica che le “esedre”, che sono una delle parti più significative delle banchine, saranno occupate da strutture “con un volume destinato alla somministrazione e al ricovero delle attrezzature necessarie (bancone, bar, frigorifero, attrezzature)”, e ospiteranno per la loro copertura strutture denominate “serre”. E i cittadini, dovranno pagare per accedere al fiume?

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