Acqua: in Valle Susa si ripete la vicenda del Mugello

Lettera inviata il 6 ottobre da Pro Natura Piemonte al presidente, alla Giunta e ai Consiglieri della Regione Piemonte, ai sindaci dei Comuni della Valle Susa, agli organi di informazione

 

Coloro che seguono le vicende delle gallerie costruite per le linee ferroviarie Alta Velocità ricorderanno la situazione del Mugello, in Toscana, dove i lavori hanno causato il prosciugamento definitivo di torrenti e sorgenti.
Domenica 3 ottobre i quotidiani nazionali ci hanno informati che la galleria geognostica della Maddalena di Chiomonte era stata allagata per il mancato funzionamento delle pompe; i pompieri, chiamati per l’intervento, avevano risposto con una frase desolata ma lapidaria: “siamo attrezzati per svuotare case, non per svuotare tunnel”.
Al di là della interpretazione più o meno ironica dell’evento, resta il richiamo ad alcuni dati che ne sono emersi: la galleria geognostica della Maddalena, costruita per sondare la montagna dove dovrebbe passare il tunnel della Linea Alta Velocità Torino-Lione, attualmente ha la necessita di pompare, giorno e notte, 60 litri d’acqua al secondo che poi alla fine si riversa nella Dora. Si tratta di 1 metro cubo ogni due minuti e mezzo, o, se vogliamo, il fabbisogno di acqua per un quartiere di 500 persone, comprese le perdite e gli altri usi di rete.
Può sembrare una cosa non gravissima, ma quella da cui proviene è solo una galleria unica, di 5 metri di diametro, circa la metà del diametro delle due gallerie di 57 chilometri che costituiranno il tunnel di base e che, a loro volta, saranno un terzo delle gallerie necessarie complessivamente alla Torino Lione, comprendendo le tratte di accesso, che complessivamente, sia per la parte francese che per quella italiana, saranno lunghe 50 chilometri.
Ma l’acqua di cui si parla adesso non proviene da tutti i sette chilometri e mezzo che costituirebbero la galleria della Maddalena: bisogna sottrarre i primi 1.400 metri, dai quali l’acqua esce per la pendenza della galleria stessa, e gli ultimi 500 metri che, a metà febbraio del 2017, un centinaio di metri dopo aver passato il settimo chilometro, LTF decise improvvisamente di non completare. Infatti LTF inviò una lettera al Ministero in cui si diceva che gli studi geognostici si dovevano ritenere completati.
L’acqua che viene rubata alla montagna è quindi quella di una piccolissima frazione delle opere legate al progetto generale. La perizia europea del 2007 richiesta dai sindaci e dai militanti No Tav, che esaminò i documenti in mano a LTF, concluse che il tunnel di base avrebbe drenato da 60 a 125 milioni di metri cubi all’anno, corrispondenti al fabbisogno di una città da un milione di abitanti (Rapporto COVI/UE, pag 48).
Poiché queste acque verrebbero tutte dalla porzione di Alpi della Valle Susa, alla luce delle carenze attuali, con dei rifugi alpini che già adesso chiudono per mancanza di acqua, e con prospettive certamente più allarmanti per le zone di fondovalle, la difesa delle nostre acque e delle nostre sorgenti assume i caratteri di urgenza e questo incidente ce lo ricorda.

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