Forti dubbi sul previsto tunnel geognostico di Chiomonte

Riportiamo un articolo di Mario Cavargna, Presidente di Pro Natura Piemonte, pubblicato su "Luna Nuova" del 1 giugno 2010, che espone le forti perplessità sulla documentazione del tunnel geognostico di Chiomonte.

Che cosa c’è sotto quel tunnel?

"Cemento e uranio: due problemi in più"

La documentazione che accompagna il progetto di tunnel esplorativo di Chiomonte lascia aperte una infinità di domande, a cominciare dalle sue motivazioni. Una galleria geognostica serve per conoscere la roccia prima di affrontarla con lavori definitivi, e quindi la si progetta sempre vicina e parallela al tracciato dell’opera principale, a partire dall’imbocco. Nel 2005 partiva da Venaus, ora avrebbe dovuto partire da Susa. Ma dall’imbocco del tunnel di base, che ora è dichiarato, al punto in cui il tunnel di Chiomonte pre­vede di incontrare il suo tracciato, ci sono cinque km. Che vantaggio ha un tunnel esplorativo, se comincia cinque km dopo, e per arrivarci deve scavare un tratto inutile lungo quasi come la più lunga discenderia fatta in territorio francese?

L’altra domanda è: che cosa ha indotto Ltf a prevedere di mettere un cantiere in una gorgia che, dal punto di vista logistico, è un posto da incubo? Per di più Ltf, si presenta a questo appuntamento con un curriculum disastroso, perché i lavori delle tre discenderie fatte in Francia, dal punto di vista dei cantieri, sono stati un fallimento: a Modane ci sono voluti cinque anni e mezzo per scavare quattro km. A La Praz, quattro anni per fare due km e mezzo, a St. Martin la Porte, addirittura sette anni per fare meno di due chilometri e mezzo. E’ difficile credere che ora sappia fare meglio, anche perché, se la fresa Tbm fosse il modo migliore per affrontare questo ge­nere di scavi, l’avrebbero già impiegata a Modane, visto che sono cinque anni che la tengono ferma in un magazzino.

Perché allora Ltf dovrebbe svenarsi per un’opera che potrebbe durare 15 anni mentre il cantiere del tunnel di base dovrebbe partire ben prima? Si possono fare due ipotesi: la prima è che, in realtà, questa sarà una "finestra" per lo scavo del tunnel di base, per far uscire le rocce di scavo e far entrare il ferro ed il cemento, al posto della finestra detta "di Clarea" che, a questo punto, non ha più ragione d’essere, ed allora Chiomonte dovrà sopportare disagi molto più lunghi e più grandi di quelli che immagina. La seconda è che, in realtà, il tunnel di base uscirà qui, e non a Susa, perché gli addetti ai lavori sanno benissimo che da Chiomonte si può andare ad Orbassano in linea retta con una galleria di 27 km che sbuca appena sotto Giaveno, e che questo percorso è, in assoluto, il più corto, e quello che da meno problemi. Ed alla fin fine, potrebbe essere quello che esce dal cappello di Ltf, dopo le tante sceneggiate dell’Osservatorio.

Ma cosa accadrebbe a Chiomonte? A parte i problemi delle acque e del traffico di camion che si riverserà sulla strada statale, perché il progetto non prevede nessun nuovo svincolo dall’autostrada, ce ne sono molti altri. Uno è legato alla notizia che arrivò su La Stampa, e poi la stampa locale, tra giugno e luglio 1992, quando si scoprì che nel vino di Chiomonte era stata trovata un’alta concentrazione di piombo. Ad essere accusata fu la polvere di cemento del cantiere dell’autostrada. C’era preoccupazione per il vino che non era più commerciabile, ma anche per la salute delle persone, perché prima di andare nel vino il veleno era andato nell’aria, e 40 milligrammi al giorno sono sufficienti a provocare il saturnismo.

In uno degli articoli si citava un conve­gno su "I bambini e l’inquinamento", tenutosi a Torino due mesi prima, dove un certo dottor Richard Jacklons, dell’ospedale californiano di Berkeley, affermava che "la polvere di cemento è una importante causa di inquinamento da piombo". Ma il cantiere autostradale di Chiomonte era durato cinque anni, ed al momento delle analisi era già chiuso: questo impianto di betonaggio durerà invece almeno tre o quattro volte tanto, perché, come si deduce dal progetto, continuerà a lavorare anche per il tunnel di base. E sul piombo c’era stata una cosa ancora più preoccupante: le analisi successive avevano rilevato che nei residui cristallizzati delle botti c’era anche un inquinamento da arsenico, la questione fu tenuta più riservata ma, anche in questo caso, fu data la colpa agli additivi usati per i cementi.

Un altro problema, molto più grave, si ricollega ad una grossa notizia comparsa dieci anni prima, nel giugno 1981, quando si seppe che i francesi progettavano l’estrazione di uranio sul loro versante dell’Ambin, e correvano voci insistenti che fosse in progetto una miniera italiana sotto il rifugio Vaccarone.

Per saperne di più sfruttai l’amicizia, di qualche anno prima, con il direttore dell’Enel per i problemi ambientali: gli telefonai, e combinai un incontro a casa sua, a Roma. La domanda fu diretta: è vero che da noi si pensa di fare una miniera di uranio e, se è vero, quando? La risposta dell’ingegner Marcello Pagliari fu altret­tanto chiara: "E naturale che, dopo che sarà approvato il programma nucleare, si metterà in cantiere lo sfruttamento delle riserve nazionali: le potenzialità della valle di Susa sono note, la miniera che prevediamo di aprire sarà a Chiomonte, e si può calcolare che cominceremo le pratiche entro tre anni dall’approvazione del programma".

Ora, confrontando il tracciato del tunnel geognostico con la carta delle rilevazioni di attività radioattiva significativa, fatte dall’Agip mineraria, che per 20 su 25 sono su questo versante, si vede che questo tunnel va ad addentrarsi nella zona a massima probabilità di incontrare rocce uranifere. A parte i rischi connessi con l’estrazione, c’è la possibilità che il cantiere della galleria geognostica del Tav possa diventare utile anche a fare da battistrada, perché è frequente che nella zona di un cantiere, poi se ne metta un altro, come è successo per quello di Venaus. Il governo si appresta a tornare al nucleare ed a ripristinare le condizioni in cui eravamo nei primi anni ’80, ed una miniera di uranio, sia per le polveri che per le tecniche di estrazione, è la cosa peggiore che possa capitare ad un territorio di valle, perché le brezze portano gli inquinamenti in ogni direzione, come abbiamo potuto vedere per la diossina.

Il problema nel problema è che Ltf, nel suo progetto, ignora completamente sia gli inquinamenti da cemento che quelli da minerali radioattivi, e questo la dice lunga su come intende lavorare.

 

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