Diminuisce il traffico merci sulla direttrice Torino-Lione

Il recente serrato dibattito collegato alle trattative per la costituzione della nuova Comunità montana della Val Susa e Val Sangone ha riproposto con forza il tema della nuova linea ferroviaria Alta Velocità Torino-Lione e ha riportato il dibattito sul diritto del territorio a valutare l’utilità, o meno, di una Grande Opera che lo attraversa.

Una Grande Opera è fortemente dannosa, perché comunque impone delle trasformazioni di un tale peso che vanno giustificate da un’utilità reale. Il territorio che ne sopporta i danni ed i cantieri deve poter sapere che il proprio sacrificio può essere utile oppure addirittura una presa in giro. Sulla Torino Lione, è di questi giorni l’uscita delle statistiche ufficiali Alpinfo:

http://www.bav.admin.ch/verlagerung/01529/index.html?lang=it

Tali statistiche sono la Bibbia di tutti coloro, enti o stati nazionali, che si occupano dei trasporti transalpini e sono pubblicate a settembre, perché occorrono 8 mesi per raccogliere, valutare e ponderare in un unico insieme, le informazioni che arrivano da 6 nazioni diverse.

 

I dati per il settore italo francese sono drammatici. Nel 2008 il traffico attraverso il valico ferroviario del Frejus è sceso a 4,8 milioni di tonnellate di merci. Era arrivato ad una punta storica di 10 milioni tonnellate nel 1997, poi c’è stato un calo progressivo, iniziato ben da prima che cominciassero gli attuali lavori di miglioramento nella galleria italo francese. Ora il valico ferroviario del Frejus è al penultimo posto tra i 10 valichi ferroviari transalpini: 12 anni fa era al secondo.

Il traforo autostradale del Frejus si colloca a 12,2 milioni di tonnellate di merci all’anno, ma è lo stesso livello che aveva 15 anni fa. Scende invece fortemente quello del Monte Bianco che dai 13,3 milioni di tonnellate del 1998, prima dell’incidente, arriva nel 2008 solo a 8,6 milioni di tonnellate, cioè un buon terzo di meno: a conferma che anche il traffico su strada era avviato ad una flessione già prima della crisi attuale.

Il traffico autostradale al valico di Ventimiglia, la cui rapida crescita, in mancanza di altri argomenti, era stata presa a pretesto per sorreggere le ipotesi sulla Torino Lione, da cinque anni si è stabilizzato intorno ai 18,6 milioni di tonnellate. La spiegazione è evidente: Italia e Francia sono due economie mature che ormai si scambiano meno di quanto importano da oltremare. E quest’ultimo traffico ha grandi porti nazionali: Marsiglia, Valencia, Rotterdam contro cui l’Italia non è competitiva.

 

Molto interessante è il caso del traffico merci al valico ferroviario del Sempione, che sembra aver recuperato due terzi di quello perso dalla Val di Susa e dalla Val d’Aosta. Gli svizzeri avevano promesso che si sarebbero ripresi il traffico che avevano dirottato negli anni ’90 al di fuori della Confederazione e, con la loro proverbiale efficienza ferroviaria, lo hanno fatto. Quel che è sorprendente è che l’apertura della galleria di base del Loetschberg non sembra aver influito sul ritmo di crescita.

 

Le previsioni di traffico si rivelano il vero argomento centrale della questione della Torino Lione; infatti la previsione di saturazione dei valichi è la clausola fondamentale che giustifica tale progetto nel trattato di Torino del 29 gennaio 2001. Inoltre è evidente che non importa stabilire il numero di treni che possono passare ogni giorno se poi è lecito fare qualsiasi previsione in aumento.

 

Ma questo è anche il punto su cui l’Osservatorio si è dimostrato particolarmente di parte: il quaderno n. 2, a cui è dedicato il problema dei traffici, è il più corposo della serie, ma tutte le previsioni di traffico sono prese dal modello di LTF che rifiuta i dati reali e si basa su un’inchiesta del 2002, poi elaborata con ipotesi assurde ed incredibili, come quella che, al di là di un certo orizzonte, l’80% della crescita di traffico dell’intero arco alpino possa essere dirottata sulla Torino Lione.

 

L’Osservatorio è stato vago per anni sul numero dei treni che possono transitare giornalmente (dove le differenze potevano essere del 5-10%) ma ha accettato il modello LTF dove le differenze rispetto al reale sono del 200-300%, rifiutando qualsiasi confronto con i dati che oggi lo smentiscono clamorosamente. Ed ha mascherato il fallimento della Autostrada Ferroviaria che, dai dati dei suoi stessi “Quaderni”, costa allo Stato 900 euro di deficit per ogni viaggio di camion.

 

Non è quindi fuor di luogo chiedere, sulle previsioni di traffico e quindi sull’attuazione o meno dell’accordo di Torino, non un nuovo Tavolo Tecnico (ce ne sono già stati 4), ma un Tavolo Tecnico Serio. Una cosa del tutta diversa dai precedenti, dove le Ferrovie collaborino, il coordinatore sia super partes, le audizioni non siano solo quelle di amici di una parte sola, e si possa discutere sulla base dei dati reali.

 

Non è una richiesta peregrina: il territorio la chiede da 20 anni e fino ad ora è sempre stato preso in giro.              

Mario Cavargna

Presidente di Pro Natura Piemonte

 

 

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