In questi giorni la SITAF, società che gestisce il traforo autostradale del Frejus, ha revocato la gara di appalto per la costruzione del nuovo autoporto, che è indispensabile perché essa possa liberare l’area di Susa su cui dovrebbe sorgere il cantiere di base per la nuova Ferrovia Torino Lione.
Subito un quotidiano nazionale scrive che la decisione è dovuta ai costi di realizzazione lievitati alle stelle, non le proteste in valle, le punzecchiature No TAV a colpi di fuochi artificiali, bagliori nelle notti di lotta contro un cantiere fantasma, fermo da due anni, presidiato giorno e notte da centinaia di poliziotti, carabinieri e finanzieri sempre pronti allo scontro.
Pro Natura Piemonte e il Movimento No TAV avevano già previsto che il sito presentava problemi, per i quali occorrevano interventi di bonifica, dai costi certamente ingenti.
“Obiettivo ambiente”, il mensile di Pro Natura Piemonte, pubblicò nel numero di dicembre 2020 un articolo intitolato: “San Didero: nuovo autoporto e veleni nel suolo”.
Si cita un comunicato dell’ARPA Piemonte dell’inizio 2005, che evidenzia i primi risultati dello studio epidemiologico-statistico sulla mortalità e sull’incidenza dei tumori nel territorio situato nel raggio di 10 km dalle acciaierie che avevano anche colmato di scorie due laghetti nei pressi di Bruzolo e segnala “eccessi di patologie per le quali esistono in letteratura evidenze di incremento di rischio in relazione a esposizione a Pcb e diossina“.
La spiegazione di questo ennesimo stop a due anni dalla occupazione militare dell’area del comune di San Didero, che era stata presentata come l’inizio dei lavori, non convince perché non è credibile che l’aumento dei prezzi che non ha fermato migliaia di altre opere in corso di realizzazione in tutta Italia, blocchi questa, ancor prima che venga fissato il prezzo d’asta. Certamente saranno le bonifiche del terreno a incidere in modo determinante sui costi.
E’ inoltre da evidenziare la fragilità del progetto della Nuova Ferrovia Torino Lione che, nonostante gli annunci a raffica, non riesce a decollare; infine, nel caso dell’autoporto, la presa di coscienza delle difficoltà che può frapporre una opposizione della popolazione e delle amministrazioni locali, con un costoso presidio che recentemente ha imposto delle modifiche in senso riduttivo al primo pezzo di recinzioni. Quindi ci pare evidente che sotto la voce di aumento dei costi si nascondano in realtà delle costosissime bonifiche del terreno dalle scorie inquinate sotterrate su tutta questa area nell’arco di oltre 40 anni dalle due fonderie che sorgevano nei pressi.
Insieme a tutto questo non va sottovalutato l’inquietante segnale che, proprio in questi stessi giorni, alla vigilia di un appalto di tale portata, la SITAF abbia messo in liquidazione la sua società Tecnositaf, licenziando le 160 persone che vi lavoravano e che verosimilmente avrebbero dovuto occuparsi anche della realizzazione del nuovo autoporto.