Il Parco del Valentino di Torino davvero “zona franca” e senza pace?

Siamo stupiti che in recenti articoli de “La Stampa” del 23 e 29 gennaio il parco del Valentino venga descritto come “parco abbandonato”, “zona franca”, e presentato come una delle zone più pericolose di Torino.
Riteniamo che questa sia un’immagine distorta e deviante, che inserisce il parco tra le zone più critiche di Torino.

Il parco non è certo in stato di abbandono, e i responsabili del Verde Pubblico non lo trascurano, sia pure in una situazione di ristrettezza di risorse. D’altro canto Polizia e Arma dei Carabinieri in questi ultimi mesi hanno esercitato un controllo assiduo e costante; il fenomeno dello spaccio certo non è sparito, ma tende sempre più ad attestarsi sul viale alberato di corso Massimo D’Azeglio lungo il percorso e le fermate tramviarie delle linee 9 e 16 di GTT, vero “asse distributore della droga”.
Questa immagine distorta di un parco buio, abbandonato, insicuro, non è giustificata soprattutto quando si abbinano impropriamente tali immagini con la chiusura di quei locali come lo Chalet e il Cacao, che sono passati alle cronache negli scorsi anni per abusivismo edilizio, mancato rispetto delle norme di sicurezza e dei limiti di inquinamento acustico. Proprio il grande flusso di frequentatori di quei locali era un forte elemento di attrazione per lo spaccio (pensiamo che il Cacao arrivava ad ospitare in certe notti fino a 2.500 persone!), così come lo Chalet si caratterizzava oltre che per l’abusivismo edilizio anche per le frequenti risse “multietniche”. D’altronde è legge di mercato che lo spaccio si indirizzi verso i “consumatori finali”, nelle zone di più intensa frequentazione della movida notturna, come pure la vendita abusiva di alcolici.
Il fenomeno dello spaccio al Valentino esiste fin dai primi anni Novanta, allorché la collinetta tra corso Massimo D’Azeglio e corso Vittorio Emanuele venne battezzata “la collina del fumo”, e torme di spacciatori stazionavano nei prati intorno a quella che fu la Fontana Luminosa; la Città chiuse pure le fontanelle dove i drogati lavavano le siringhe. Da allora il fenomeno è venuto ciclicamente all’onore delle cronache giornalistiche (con titoli talvolta “terroristici”), per diversi episodi collegati anche con l’assedio dei numerosi parcheggiatori abusivi in viale Virgilio, al contempo spacciatori notturni.

Non vogliamo oggi minimizzare l’importanza del tema della sicurezza, ma valutarlo senza enfasi, auspicando una maggior vigilanza nel parco soprattutto nelle ore notturne, ma sapendo al contempo che la microcriminalità è diffusa in tante zone della nostra città.

Pro Natura Torino condivide certo la proposta di potenziare l’illuminazione del parco avanzata dalla Circoscrizione 8, ma riteniamo che vi siano diversi altri mezzi per rendere il parco “più sicuro”. E’ forse il caso di ripensare all’inutile presenza dei numerosi box della Polizia a Cavallo in viale Virgilio, realizzati prima del 2006 sfrattando dalla loro sede e ristrutturandoli i locali già usati dal Verde Pubblico e dall’AMIAT, con una sistemazione che all’epoca fu costosissima. Ha ancor senso oggi mantenere questa sede di “rappresentanza” per fare ogni tanto qualche passeggiata a cavallo sui viali asfaltati del parco? Perché non utilizzare almeno una parte di quei locali per un presidio della Polizia Municipale che da tanti anni i cittadini richiedono? Non è certo la polizia a cavallo che va a caccia degli spacciatori, basterebbero bici e moto della Polizia Municipale.
Per ridare poi maggior dignità ad un parco di valore storico, ambientale e paesaggistico, da anni chiediamo che il parco venga finalmente “liberato dalle auto”, restituendolo alla sua vera fruizione pedonale, togliendo buona parte della sosta in superficie e riaprendo il parcheggio del V Padiglione, almeno finché non ne sarà deciso un diverso utilizzo da parte del Politecnico.
Accogliamo quindi con favore la proposta di una “ZTL Verde”, come anticipato a “La Stampa” dall’Assessora Lapietra il 23 gennaio scorso, e restiamo in attesa di vederne un disegno che si realizzi in tempi certi con la effettiva volontà di perseguirlo, dopo tanti anni di inutili attese. E’ forse giunto anche il momento di istituire un Comitato di gestione del Parco, come previsto da un Regolamento Comunale in gran parte mai davvero applicato.

Emilio Soave, vicepresidente e referente per l’urbanistica

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